«Chi parte, sa da che cosa fugge, ma non sa che cosa cerca».
Così, un malizioso Lello Arena rispondeva ad un ingenuo Massimo Troisi nella sua pellicola d’esordio, nel lontano 1981.
Tornando ai nostri anni, io sapevo perfettamente da cosa “fuggivo” – un percorso universitario importante finito cum laude – ma non sapevo affatto cosa stessi “cercando”. O, per meglio dire, lo sapevo eccome! Le vie canoniche dell’insegnamento sembravano – e sembrano tuttora – blocchi di cemento gettati nell’oceano: quasi impossibile riportarli a galla. Il dottorato, la ricerca, la strada accademica, ve li risparmio i miei commenti al riguardo. A questo punto, non vi sarà certo difficile immaginare il mio stato d’animo da cavaliere errante in cerca del Graal, ma non fermatevi qui, continuate a leggere.
Capirete da voi che raccontarvi, per filo e per segno, come sono arrivato a mettere piede per la prima volta nella sede di “UNITRE Napoli”, sarebbe troppo lunga. Quindi, con un taglio di montaggio degno della migliore scuola cinematografica sovietica, ci spostiamo immediatamente in una mite mattinata di gennaio pronto a conoscere Carlo di persona, dopo avergli parlato soltanto telefonicamente prima di allora.
Ad accogliermi non è UN sorriso ma IL sorriso: Anita. Donna di un’eleganza e di una dolcezza capace di stemperare subito qualsiasi ansia o tensione solita di chi si relaziona per la prima volta con persone e luoghi a lui sconosciuti. Scambiamo i classici convenevoli quando ecco arrivare Carlo. Alto, altissimo, sguardo autorevole, voce profonda, presenza che, in un qualsiasi contesto, non passerebbe inosservata. All’apparenza burbero, tanto da richiamare subito alla mente Achab, il capitano della Pequod, consegnato alla storia grazie alla superba penna di Melville, ma mi sbagliavo. E di grosso. Sono bastate due chiacchiere per capirci ma soprattutto, per capire quanto Carlo sia una persona squisita, competente e disponibile con tutti. Gli americani, a questo punto della storia, direbbero at last but not least ovvero, ultimo ma non meno importante: espressione perfetta per Mariarosaria. Il Presidente Mariarosaria. Credere in un progetto, portarlo avanti, farlo crescere, radicarsi sul territorio, diventare il faro di un’intera generazione, soltanto ad elencarle mi sono stancato figuriamoci metterle in atto, ma non è questo il caso di Mariarosaria. Donna tenace, grintosa, manageriale nelle risoluzioni eppure materna e ricca di pazienza: la grammatica mi suggerirebbe “ossimoro”, io la definisco “la persona giusta al posto giusto”. Impossibile non volerle bene.
Lo so, adesso vi starete chiedendo dove voglia arrivare. Vi accontento subito. Un paio di incontri giusto per definire il programma ed ecco che entro a far parte di questa bellissima realtà chiamata UNITRE: «Buongiorno. Sono Antonio Granieri e da oggi sarò il vostro professore di Storia Contemporanea.» Non potevo pronunciare frase più bella. FINE? Non proprio.
Perché una menzione speciale va proprio a voi, voi studenti che mi state leggendo. La tradizione vuole che sia l’insegnante a dare qualcosa agli studenti, in questo contesto posso assicurarvi che è stato l’esatto contrario: ad ogni lezione ero io quello ad uscire arricchito. Più mi confrontavo con voi, più vi impartivo le mie lezioni e più tornavo a casa conscio del fatto che ero davvero fortunato a poter stare a contatto con persone come voi. E man mano, giorno dopo giorno, lezione dopo lezione, il vostro ottimismo, la vostra brama di conoscenza, la vostra forza mi ha contagiato. Dirvi GRAZIE è dirvi poco.
Bene, adesso possiamo definire conclusa questa breve storia. Come? Cosa mi riserverà il futuro? Di preciso non saprei rispondervi ma sicuramente … RICOMINCIO DA UNITRE.